L’oro ha chiuso la giornata di venerdì molto vicino alla parità, ma ha messo a segno una buonissima settimana portando a casa un guadagno dell’1,87%.
Specularmente, il dollaro ha segnato la peggiore performance dal novembre 2022, avendo supportato la crescita dell’oro grazie al suo arretramento.
Questa è stata la settimana dell’entrata in vigore dei dazi statunitensi e di tutte le modifiche che ne sono conseguite. Infatti, dopo l’applicazione dei dazi su Canada e Messico, gli Stati Uniti hanno esentato tutti i beni provenienti dai due paesi che rientrano nell'accordo commerciale USMCA.
Le tensioni con la Cina sono aumentate, dopo che il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha accusato gli Stati Uniti di usare la questione fentanyl come pretesto per esercitare pressioni commerciali sul suo paese.
Tutto questo ha provocato confusione ed incertezza nei mercati, alimentando i timori di una guerra commerciale globale che hanno sostenuto l’oro nella sua qualità di bene rifugio.
Inoltre, tutti i dati statunitensi che si sono susseguiti nell’arco della settimana hanno gettato ombre sulle prospettive economiche del paese.
Ieri, il dato più importante della settimana, il rapporto NFP, ha mostrato che sono stati creati a febbraio 151.000 nuovi posti di lavoro, peggio dei 159.000 previsti, e che il tasso di disoccupazione si è attestato al 4,1% rispetto alle aspettative del 4%.
Questo alimenta maggiori speculazioni circa la possibilità che la Fed possa procedere addirittura a tre tagli dei tassi di interesse durante l’anno, con giugno come punto di inizio. Possibilità sostenute anche dal membro della Fed Christopher Waller, che ha dichiarato di vedere la possibilità di due o forse tre tagli dei tassi per quest'anno.
Pertanto, il percorso di discesa dei tassi di interesse negli Stati Uniti comincia a trovare concretezza anche grazie al diretto supporto fornito dai membri della banca centrale, sostenendo il prezzo dell'oro e favorendone le prospettive di crescita per tutto l'anno.
Infine, l’oro sta ricevendo un importante sostegno anche dai grandi movimenti del fisico.
Infatti, come riportato dall'Australian Bureau of Statistics nel suo ultimo rapporto commerciale mensile, l'Australia ha spedito a gennaio negli Stati Uniti la maggior quantità di oro dal 1995, per un controvalore di 2,9 miliardi di dollari, poiché i timori di potenziali dazi hanno spinto gli operatori australiani ad affrettarsi nelle consegne per capitalizzare le estreme dislocazioni dei prezzi tra i mercati chiave.
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